Cassazione Civile: domanda cumulata di separazione e divorzio possibile anche con ricorso congiunto.  

Con sentenza n. 28727, del 16/10/2023 la Corte di Cassazione, in sede di rinvio pregiudiziale, ha affermato che è possibile proporre domanda cumulata di separazione e divorzio anche tramite ricorso congiunto dei coniugi.

La pronuncia compone, così, il contrasto interpretativo che si era creato in seno a vari tribunali di merito, che si erano divisi tra quanti ritenevano il cumulo ammissibile anche nella procedura consensuale (es. Tribunale di Milano) e quanti, invece, ritenevano applicabile il cumulo delle domande di separazione e divorzio soltanto alla procedura giudiziale (es. Tribunale di Firenze).

Cassazione penale: l’obbligo di mantenimento dei figli a carico dei genitori ha effetto retroattivo nel caso di riconoscimento giudiziale dello status

Con sentenza 40698/23 del 5.10.2023 la Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p. l’obbligo di mantenimento dei figli retroagisce al momento della loro nascita anche nel caso di accertamento giudiziale definitivo dello status.  

Il caso trae origine dal procedimento penale a carico di un uomo che era andato avanti fino alla pronuncia della sentenza nonostante il procedimento civile di accertamento giudiziale della paternità pendesse ancora in grado di appello.

Nel suo ragionamento la Corte di Cassazione ha, infatti, osservato che, ciò che conta in sostanza, è che lo status di figlio sia accertato in sede civile con sentenza irrevocabile, a nulla rilevando che nell’ambito di tale giudizio siano intervenute sentenze non definitive che pure abbiano accertato la paternità sulla base della prova del DNA.    

Sezioni Unite Civili: ammesso il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 comma 7 Cost. avverso la decisione definitiva sul reclamo in tema di inibitoria al rilascio del passaporto ex art. 3 lettera b) legge 1185/67

Con la recente Sentenza n. 22048 del 24 luglio 2023 le Sezioni Unite Civili hanno affermato che è esperibile il rimedio del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 comma 7 Cost. avverso il decreto finale con il quale il Tribunale, in sede di reclamo avverso la decisione del Giudice tutelare, accorda o nega l’inibitoria al rilascio del passaporto in favore del genitore di figli minorenni.

Giova, infatti evidenziare che, ai sensi dell’art. 3 bis della Legge 1185/67 Il giudice può inibire per un massimo di due anni il rilascio del passaporto al genitore avente prole minore, quando vi è concreto e attuale pericolo che a causa del trasferimento all’estero questi possa sottrarsi all’adempimento dei suoi obblighi verso i figli. Conseguentemente, ai sensi dell’art. 3 lettera b) non possono ottenere il passaporto coloro che sono risultati destinatari di tale inibitoria. Inoltre, ai sensi dell’art. 12 della medesima legge, il passaporto già rilasciato viene ritirato al sopraggiungere di tale inibitoria oppure ancora quando il titolare si trovi all’estero e, ad istanza degli aventi diritto, non sia in grado di offrire la prova dell’adempimento degli obblighi alimentari, di mantenimento, di assegno divorzile ecc. che riguardino i discendenti di età minore ovvero portatori di handicap grave o inabili al lavoro, gli ascendenti e il coniuge non legalmente separato.

La decisione in commento è di particolare importanza dal momento in cui appronta un rimedio nell’ambito di una procedura, quella camerale, che in condizioni normali non ammette nessuna forma di impugnazione avverso la decisione del giudice del reclamo.

Corte Europea per i Diritti dell’Uomo: l’abuso dell’amministrazione di sostegno viola l’art. 8 CEDU.

Con l’interessante sentenza del 6.07.2023 la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha recentemente statuito che vi è stata violazione dell’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare) per effetto dell’abuso, da parte delle autorità italiane, dell’istituto dell’amministrazione di sostegno.

Il caso trae origine dal ricovero in una RSA di un anziano avvenuto su richiesta dell’Amministratore di Sostegno nominato dal Tribunale. A seguito di tale ricovero l’anziano è rimasto completamente isolato per circa tre anni in quanto impossibilitato a comunicare con familiari ed amici se non per il tramite dell’Amministratore di Sostegno o dietro autorizzazione del giudice tutelare.

La Corte ha osservato che, pur avendo le autorità italiane agito al fine di perseguire l’obiettivo legittimo di proteggere il benessere del beneficiario in ragione della sua condizione di prodigalità e di indebolimento fisico e mentale, hanno adottato misure gravi e non proporzionate rispetto alle circostanze individuali, superando così il proprio margine di apprezzamento.

Inoltre la Corte ha affermato che, nel caso di specie, le autorità hanno, altresì, abusato della flessibilità dello strumento dell’amministrazione di sostegno per perseguire finalità che la legge italiana assegna, entro limiti rigorosi, al trattamento sanitario obbligatorio.

Corte Europea per i Diritti dell’Uomo: violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) da parte di una decisione della Corte di Cassazione fondata su motivi diversi rispetto a quelli invocati dalle parti.

Con sentenza del 29 giugno 2023 la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, pronunciandosi sul caso Ben Amamou c. Italia, ha affermato che vi è stata violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) da parte della decisione della Corte di Cassazione n. 8386/20 del 29.04.2020

Il caso trae origine dalla procedura giudiziaria avviata in Italia dal sig. Ben Amamou il quale, mentre si trovava a bordo di una vettura in qualità di terzo trasportato, era rimasto vittima di un grave incidente stradale provocato da un veicolo rimasto non identificato.

La richiesta di risarcimento diretto spiegata ai sensi dell’art. 141 Cod. Ass. dal sig. Ben Amamou nei confronti dell’Assicurazione del veicolo ove si trovava a bordo veniva respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Perugia per le medesime motivazioni: l’azione diretta ex art 141 Codice Assicurazioni Private richiede che entrambi i veicoli coinvolti siano identificati e assicurati contro la responsabilità civile. In mancanza, il danneggiato dovrà rivolgersi al Fondo Vittime della Strada.

Il sig. Ben Amamou promuoveva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello. La Corte di Cassazione respingeva il ricorso sul presupposto che “l’azione diretta del terzo trasportato nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore è data a condizione che sia individuabile una responsabilità concorrente, anche soltanto presunta, del conducente del veicolo sul quale il terzo trasportato viaggiava”.  In altri termini, nonostante l’intero processo di merito si fosse basato sull’interrogativo se l’art. 141 Cod. Ass. richiedesse o meno che tutti i veicoli coinvolti nel sinistro fossero identificati, la Corte di Cassazione aveva finito col fondare la propria decisione su di un motivo diverso: il mancato accertamento di una eventuale corresponsabilità del trasportatore.

Secondo la decisione della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo l’esigenza di rispettare il contraddittorio avrebbe richiesto che la Corte di Cassazione sottoponesse alle parti la questione rivelatasi, poi, decisiva ai fini del giudizio. Poiché, pertanto, il ricorrente era stato “preso alla sprovvista” dalla sostituzione dei motivi presi in considerazione dalla Corte, egli non ha potuto beneficiare di un processo equo come garantito dall’art. 6 CEDU. 

Coppie internazionali – Il matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso ed il suo riconoscimento in Italia

Tra le coppie internazionali che mi capita di assistere a livello legale vi sono frequentemente coppie composte da due donne o da due uomini. Molte di queste persone, dopo una lunga permanenza all’estero, hanno scelto di vivere in Italia per i motivi più disparati e il più delle volte sono sposate in paesi che ammettono il matrimonio civile anche per questo genere di unioni. La domanda più ricorrente che pongono all’avvocato è se il loro matrimonio ha valore in Italia e come si devono comportare nel momento in cui attraversano la crisi coniugale.  

Orbene, la risposta a questa domanda è, per certi versi, affermativa. Anche i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero possono trovare riconoscimento in Italia. Ma occorre fare una distinzione.

Se, infatti, anche uno solo dei partners è cittadino italiano, l’eventuale matrimonio contratto all’estero con una persona dello stesso sesso produrrà in Italia gli effetti dell’unione civile (così dispone l’art 32 bis della legge n. 218/95).  Viceversa, se entrambi i partners sono cittadini stranieri, la loro unione potrà essere registrata in Italia come un vero e proprio matrimonio (così Cass. Sez. I, Sent n. 11696/2018).

Nonostante la Cassazione nella citata sentenza abbia respinto i dubbi di incostituzionalità dell’art. 32 bis L. 218/95 ribadendo che, in buona sostanza, ciascuno Stato membro del Consiglio d’Europa è libero di scegliere il modello di unione omoaffettiva che crede, purché sia assicurato uno standard di tutela coerente con la giurisprudenza CEDU, non è semplice spiegare il perché di questa disparità di trattamento. Sebbene l’unione civile presenti, infatti molte analogie con il matrimonio, non poche sono le differenze. Ad esempio l’obbligo di fedeltà, contemplato per il matrimonio, non è previsto per l’unione civile. E se entrambi i coniugi vengono considerati dalla legge come genitori dei figli nati in costanza di matrimonio, nel caso di unione civile la legge considera come tale soltanto il genitore biologico.

La disciplina del consenso informato nella nuova legge sul testamento biologico

Lo scorso dicembre è entrata in vigore la legge 219/2017 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento, meglio nota come legge sul testamento biologico.

Con tale legge viene assicurata una tutela ampia del consenso informato stabilendo che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi previsti dalla legge”.

Viene, inoltre, promossa e valorizzata la relazione tra paziente e medico, relazione in cui vengono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i famigliari o i conviventi e i partners dell’unione civile o ancora una persona di fiducia del paziente medesimo. Una novità, questa, che recepisce anche a livello normativo le esigenze derivanti dal mutato contesto sociale e familiare italiano.

La legge stabilisce che ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo aggiornato e a lei comprensibile riguardo alle diagnosi alle prognosi ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.

È importante sottolineare che, ai sensi della legge in commento, nella nozione di trattamento sanitario vengono per la prima volta ricomprese espressamente anche l’alimentazione e l’idratazione artificiale tramite dispositivo medico. Questa legge interviene, dunque, fermamente nel dibattito che aveva interessato i casi Englaro e Welby, in cui molti la posizione di molti tra coloro che si dicevano contrari a staccare i macchinari faceva leva sull’argomento per cui alimentazione artificiale non poteva considerarsi un trattamento sanitario.

Da ultimo, la nuova legge impone al medico di rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciarvi e, in conseguenza di ciò, il medico viene esentato da ogni forma di responsabilità civile o penale.

Nelle situazioni di emergenza e di urgenza, il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla.

Questa legge marca il definitivo tramonto della concezione paternalistica del rapporto paziente- medico, che vedeva il paziente affidarsi quasi ciecamente alle cure e alle scelte del medico, e segna dunque il passaggio definitivo ad una relazione paritaria fondata sulla fiducia e sul consenso informato.